00 13/07/2008 14:48
Donna si impicca dopo violenza
Torino,suicidio dopo sei anni da stupro
Erano trascorsi sei anni da quel giorno in cui aveva subito una violenza sessuale. Ma non aveva mai dimenticato quell'incubo. Così, Valentina, 29 anni, si è impiccata al soppalco del monolocale, a Torino, in cui viveva da tre mesi. A scoprire il corpo sono stati i genitori che erano andati a trovarla, non sentendola da qualche giorno. La giovane, che si stava per laureare, era stata stuprata in centro a Milano. La madre: "E' morta due volte"

La giovane non ha lasciato alcun biglietto di addio. Ma i genitori hanno subito capito tutto. La ragazza si stava laureando in neuropsichiatria e sembrava che gli studi le avessero occupato i pensieri ed in parte rimosso l'incubo di sei anni prima. Ma la depressione, negli ultimi tempi, l'aveva rimessa a terra. Valentina non riusciva a dimenticare quella notte in cui venne stuprata da tre balordi nel quartiere Brera. Era assieme ad un ragazzo: fecero violenza anche su di lui. Non servirono né gli arresti né le condanne di quei tre per riportare Valentina alla serenità. Tutto era finito quella notte, nonostante gli sforzi per gli studi, nonostante la speranza di uscirne, di ripartire. I vicini di casa e i commercianti della zona si dicono increduli. Sembrava una ragazza serena, come tante. Ma dietro l'apparente calma si celava l'inferno.

"Mia figlia è morta due volte"
"Ho visto morire mia figlia due volte: la prima, quando hanno abusato di lei, quella maledetta sera di giugno di sei anni fa. La seconda stamattina quando si è tolta la vita perche' neanche la psicoterapia l'aveva salvata dal senso di vuoto per non avere più un'anima e un corpo suo". Lo ha dichiarato in un colloquio con il quotidiano La Stampa Bruna, madre di Valentina.

"E' giusto che la gente sappia cosa vuol dire aver subito una violenza sessuale - continua la madre di Valentina - perché non sono solo lacrime e botte, quello purtroppo è solo l'inizio. Poi c'è tutto il resto, che è ancora peggio. Per Valentina, ma anche per noi che le vogliamo bene, è stata una tortura. 'Mamma, sai cos'é che mi sconvolge di più?', mi domandava. 'E' che quelli non mi hanno neanche chiesto scusa, non sembrano pentiti' ".

"Pensi che ai suoi aguzzini non augurava neppure il carcere - conclude Bruna - perché, mi diceva mia figlia, 'la prigione non li aiuterà a rendersi conto della brutalità che hanno commesso. Hanno bisogno di un percorso interiore per rendersi conto del male che mi hanno fatto'".
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