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Grasso è bello

Udite udite: è stupro anche se la vittima porta i jeans!

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  • CignoNero75
    00 22/07/2008 21:56
    Che cervelloni quelli della Cassazione!!!

    Per quella che è passata alla storia come “la sentenza dei jeans” scesero in campo, unite dalla volontà di difendere la dignità delle donne contro il “maschilismo retrivo” dei giudici, Rita Levi Montalcini, Tullia Zevi, Livia Turco, Giovanna Melandri ed Emma Marcegaglia. Lo “sciopero delle gonne” fatto dalle deputate del Polo (allora all’opposizione) che si presentarono tutte in jeans a Montecitorio, Prestigiacomo e Mussolini in testa, fece il giro del mondo. Il mondo politico e giudiziario si indignarono per il pronunciamento della terza sezione penale della Cassazione, il numero 1636 del febbraio 1999, che rischiava di vanificare anni di lotte e conquiste per la parità delle donne.

    Oggi i giudici della stessa sezione della Suprema corte “riabilitano” i loro predecessori. Il tema è sempre lo stesso: jeans e violenza sessuale. I fatti che scatenarono la protesta riguardano Rosa, una ragazza allora 18enne, che denunciò per stupro il proprio istruttore di guida, C. C., di 45 anni. La Cassazione annullò la condanna dell’uomo, inflitta dalla corte d’Appello di Potenza, sostenendo che i jeans indossati dalla giovane non erano sfilabili “senza la fattiva collaborazione” di chi li portava e che quindi Rosa doveva essere consenziente. Aggiungendo che è impossibile togliere i jeans a una donna che si oppone “con tutte le sue forze”, dato, questo, “di comune esperienza”. Un altro passo della sentenza affermava inoltre che “è illogico che una ragazza possa subire uno stupro, che è una grave offesa alla persona, nel timore di patire altre ipotetiche e non certo più gravi offese alla propria incolumità fisica”.

    Fioccarono le polemiche, ma la Cassazione prese subito le distanze da questo verdetto con “tutti gli accorgimenti tecnici per far sì che la sentenza n.1636 rimanesse un caso isolato”.
    Ed infatti a novembre dello stesso anno questo orientamento fu parzialmente corretto in una sentenza (n.13070) dove si precisava che la testimonianza di una donna che asserisce di aver subito uno stupro “non può essere messa in dubbio perché lei indossava i pantaloni e per esserseli sfilati”.

    Forse ricordandosi di quello storico pronunciamento, un uomo condannato dalla Corte d’appello di Venezia a un anno di reclusione (pena sospesa) per violenza sessuale ai danni della figlia della sua compagna si è rivolto alla Cassazione, dichiarando che la ragazza indossava i jeans e che quindi era impossibile per lui infilare la mano sotto l’indumento per toccarla

    Ma questa volta i giudici, con la sentenza numero 30403 (qui il .pdf) , affermano che “il fatto che la vittima indossasse pantaloni del tipo jeans non era ostativo al toccamento interno delle parti intime, essendo possibile farlo penetrando con la mano dentro l’indumento, non essendo questo paragonabile a una specie di cintura di castità”. Rigettando il ricorso dell’imputato e sconfessando, indirettamente, la “sentenza dei jeans”.

    Insomma: i jeans non sono un ostacolo alla violenza sessuale.
    In realtà nel 2006 c’è stata una tappa intermedia nelle sentenze di questo genere. Il pronunciamento numero 22049 del 19 maggio ha dichiarato che l’attendibilità di una vittima di stupro non è messa in discussione dal semplice fatto che indossasse i jeans e questo in base al fatto che proprio il terrore di conseguenze peggiori può indurre la donna a facilitare lo sfilamento dei pantaloni. Oggi il “caso jeans” sembra chiuso. Almeno fino alla prossima sentenza.

    www.informazione.it
  • CignoNero75
    00 22/07/2008 21:57
    La sentenza dei jeans

    La Cassazione ha annullato una condanna per violenza
    sessuale: la ragazza non si era opposta con tutte le forze

    Con i jeans lo stupro
    diventa "consenziente"
    Secondo i giudici "l'indumento non è sfilabile
    senza la fattiva collaborazione di chi lo indossa"

    di ANNALISA USAI

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    ROMA - Si era opposta o no con tutte le sue forze al violentatore? Evidentemente no, visto che lo stupratore era riuscito a sfilarle i jeans - indumento che, come tutti sanno, non è sfilabile "senza la fattiva collaborazione di chi lo porta". Dunque la ragazza "ci stava", era "consenziente". Dunque non è stata stuprata. Erano decenni che un concetto come questo non circolava più nelle aule di giustizia. Ci ha pensato la Cassazione a rinverdire il vecchio concetto del "ci stava" in una sentenza con cui ha annullato la condanna a due anni e dieci mesi decisa dalla corte d'Appello di Potenza contro Carmine C., 45 anni, istruttore di guida, portato in tribunale da una ragazza di 18 anni, Rosa.

    Rosa, quando il suo istruttore di guida la portò in una stradina di campagna e la violentò, indossava i jeans. Un indumento che, come scrivono i giudici della Suprema Corte, "non si può sfilare nemmeno in parte senza la fattiva collaborazione di chi lo porta". Lo sanno tutti, scrivono ancora i giudici, è un "dato di comune esperienza": è impossibile sfilare i jeans se la vittime si oppone "con tutte le sue forze". Per cui, evidentemente, Rosa non si è opposta con tutte le sue forze. E infatti, scrivono i giudici della Cassazione, "è illogico affermare che una ragazza possa subire uno stupro, che è una grave offesa alla persona, nel timore di patire altre ipotetiche e non certo più gravi offese alla propria incolumità fisica".

    Ah, Rosa. Ma perché non hai pensato a opporti con tutte le tue forze all'istruttore di guida? Perché non ti sei fermata a riflettere che se ti lasciavi sfilare i jeans i giudici della Cassazione non avrebbero creduto alle tue parole? Eppure la legge, la numero 66 del 15 febbraio 1996, parla chiaro: "Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni". Nessun articolo della nuova legge sulla violenza sessuale fa alcun cenno all'obbligo, per la donna violentata, di "difendersi con tutte le forze"; nessun comma ritiene che, in un processo per stupro, si possano usare termini come "logico" o "illogico" per giudicare l'eventuale atteggiamento passivo di una vittima di violenza sessuale.

    E' immaginabile, e anche augurabile, che questa sentenza numero 1636 della Cassazione provochi qualche reazione non del tutto benevola. Il passo indietro, dal punto di vista della giurisprudenza, è evidente. E stupisce che una passo indietro così clamoroso sia stato fatto proprio dai giudici della Suprema Corte, quegli stessi che in questi anni si sono distinti - e hanno guadagnato titoli da prima pagina - per sentenze di volta in volta giudicate "rivoluzionarie" e "innovative per il costume": su famiglia, adozione, educazione dei figli, adulterio, droga... su tutto, ma non ancora sullo stupro.

    www.repubblica.it/online/fatti/jeans/jeans/jeans.html